E&M

2011/2

Questa, proprio, gli inglesi non se l’aspettavano. L’organizzazione del mondiale di calcio per il 2018 la consideravano un diritto acquisito. Era successo una sola volta, nel 1966. Persino l’Italia, il Messico, la Francia e la Germania lo avevano già organizzato due volte. Bloccato dalla neve, mi trovavo a Londra il giorno in cui gli inglesi, tutti gasati, aspettavano il grande annuncio.

A perorare la loro causa avevano mandato a Zurigo il primo ministro e addirittura due futuri re: Carlo e il figlio William. Putin invece aveva rinunciato a rendere omaggio ai votanti di Zurigo: mossa interpretata dagli inglesi come previsione, da parte della Russia, di una sicura sconfitta. Invece, all’ora prevista, la doccia fredda: aveva vinto la Russia, con l’aggravante che l’Inghilterra era stata eliminata alla prima votazione, avendo ottenuto soltanto 2 voti su 22. Una disfatta. Anche i quotidiani più seri parlarono di uno scippo senza mezzi termini: la mafia del calcio alleata alla mafia russa. Al ristorante dell’aeroporto mi fingo addolorato con il mio commensale di turno. “Sono indifferente. Calcisticamente, non sono inglese. Sono scozzese.” Solo allora mi ricordai di un’anomalia del calcio: la Gran Bretagna conta su quattro nazionali: Inghilterra, Galles, Scozia e Irlanda del Nord. Ribatte: “Abbiamo quattro campionati”. Anche il Brasile ha diciassette campionati, ma una sola squadra nazionale. “Ma noi abbiamo inventato il calcio.”

Lo scozzese era ritornato inglese.

Il rapporto dell’Inghilterra con i mondiali di calcio è stato sempre più di odio che di amore. Prima della grande guerra, i “maestri” sfidavano il campione. Nel 1950 parteciparono per la prima volta al mondiale con una batosta storica: persero contro gli Stati Uniti per 1 a 0, con gli inglesi che si videro parare un rigore dal portiere americano. Uscirono al primo turno. Hanno vinto solo un campionato, quello giocato a Londra nel 1966 (l’anno della nostra sconfitta con la Corea). Riuscirono a battere l’Argentina con le solite spintarelle sempre concesse a chi gioca in casa: l’arbitro tedesco, dopo una decisione controversa, aveva espulso un giocatore sudamericano perché lo aveva guardato ironicamente, ma senza parlare. “Non gli era piaciuta l’espressione della sua faccia.” L’Inghilterra vinse la finale grazie a un famosissimo gol inesistente, rimasto storico, che l’arbitro svizzero convalidò.

La delusione ha fatto passare in sordina l’attribuzione del mondiale 2022 al Qatar, stavolta con gli USA che hanno fatto la fine degli inglesi, che hanno commentato: “Devono giocare al calcio per mille anni prima di raggiungerci”.

Sorgeranno una decina di stadi in un paese che conta meno di due milioni di abitanti, la metà di Milano, e dove le donne non possono ancora guidare. Si giocherà con una temperatura di 53 gradi. Gli impianti saranno dotati di aria condizionata, ma andare allo stadio sarà dura. Tutto questo a Blatter non interessa. Intanto lui, alle sterline e ai dollari ha preferito il rublo e i petroldollari. Convinto che le sue mosse siano state illuminanti, si aspetta il più grande riconoscimento internazionale. Ma il Nobel è un’altra cosa.