E&M

2010/5

Questa, Massimo Moratti la può raccontare solo a giornalisti ingenui. Non è vero che abbia incontrato per la prima volta Mourinho nel 2008. Successe addirittura nel 2004. Non lo può confessare perché nessuno era al corrente di questo approccio, neppure il fidatissimo Giacinto Facchetti. Con il suo aereo privato, accompagnato solo da un amico del trainer portoghese, vola a Porto dove lo attende una doccia fredda. “Mi spiace non poter accettare la vostra proposta. Ho firmato proprio ieri con il Chelsea.” Incassata la delusione, nel viaggio di ritorno a Milano l’amico che lo accompagna propone di virare su Roma. “Prendiamo Capello.” Massimo teme un’altra delusione. “Ha appena dichiarato che non si muove da Roma. Mi tengo Zaccheroni.” Dopo pochi giorni Capello finisce alla Juventus. Moratti, beffato due volte, si chiese: “E io chi sono?”. Liquidò Zaccheroni e ingaggiò Roberto Mancini.

Arriviamo al 2008. Mourinho ha prosciugato il primo nababbo della sua carriera, il russo Abramovic, e incomincia il corteggiamento all’Inter. Il primo incontro sarebbe avvenuto in un grande ristorante di Parigi, La Tour d’Argent. Al dire di Massimo il neoallenatore sarebbe rimasto disgustato di fronte a una portata di salmone. Ma chi glielo ha offerto il salmone, in un ristorante famosissimo per l’anatra? La gustarono grandi personaggi, come Edoardo VII, Charlie Chaplin, Grace Kelly di Monaco e il sottoscritto, con mia moglie, ai tempi del fidanzamento. Quel rifiuto del salmone, a mio parere, era un messaggio subliminale. “Il menu è come il parco giocatori: scelgo io. Come al ristorante, lascio a lei l’onore di saldare il conto.” Vincerà tutto ma, proprio quando i nerazzurri festeggiavano finalmente una Champions attesa da cinquant’anni, lui era già salito sul carro del più grande nababbo al mondo, superiore ad Abramovic e a Moratti: Florentino Pérez, il megagalattico capo del Real Madrid.

Mourinho: tutti si sono inchinati a lui. Come il vento, ha una grande capacità di provocare. L’Italia, disse, non gli piaceva. Sentimento ricambiato dai non interisti. E non solo. A favore della moglie esiste un movimento per la sua beatificazione. Motivazione: sopporta in silenzio il supplizio del marito. Provo pena per il mondo dei media, prono alla corte del Mister per regalarci quotidianamente una serie di banalità. Mi ricorda Karl Kraus: ”I giornalisti hanno con la vita all’incirca lo stesso rapporto che le cartomanti hanno con la metafisica”. Figurarsi quelli sportivi.

Senza un poco di fortuna anche un genio fatica a sfondare. La fortuna di Mourinho si chiama Porto, Champions 2004, quando batte il Monaco in finale. Nella fase a gironi arrivò secondo, dietro al Real Madrid. Fece solo un colpo grosso, eliminando il Manchester. Poi il suo percorso fu tutto in discesa. Dall’altra parte del tabellone, infatti, il Monaco eliminava il Real Madrid (che a sua volta aveva battuto il Bayern di Monaco) e il Chelsea. Il Porto vincerà la finale in carrozza. Ma Mourinho aveva già una grandissima squadra nel mirino. Dirà: “Potevo stare benissimo a Porto, in poltrona, con una Champions in bacheca. Dopo Dio, veniva il sottoscritto”. Invece, eccolo alla ricerca di esperienze forti e di presidenti dal portafoglio facile. Per vincere la Champions occorrono abilità, fortuna, soldi. L’anno prossimo guiderà il Real Madrid, carico di stelle acquistate a prezzi allucinanti, contro una squadra che, in Catalogna, i campioni abitualmente preferisce crearseli in casa. I ricchi epuloni contro i maestri. Per questo, da sempre, tifo Barcellona.