Articolo 3

09/10/2017 Simona Cuomo

Essere se stesse per essere leader

Essere donne oggi richiede la capacità di ascoltare, interpretare e governare le sfide imposte dall’intreccio tra il ruolo tradizionale di caregiver (mamma, compagna, figlia) e i ruoli professionali e sociali che, dagli anni Sessanta in poi, hanno arricchito e completato l’identità femminile.  Un intreccio non sempre facile da gestire, non solo dal punto di vista pratico della conciliazione dei tempi, ma anche dal punto di vista emotivo e psicologico. Proprio con l’acquisizione di maggiori possibilità di autoaffermazione, indipendenza e autonomia, le donne si sono trovate a sperimentare nuove fragilità, legate alla difficoltà di tenere insieme i diversi sé richiesti da ruoli talvolta quasi divergenti:   quelli inerenti la sfera pubblica e legati alla gestione del potere nei contesti organizzativi e istituzionali,  tradizionalmente permeati da  modalità di relazione e  modelli culturali più tipicamente  maschili,  e quello storico e tradizionale  della gestione della vita familiare, tradizionalmente  permeato da modalità di relazione e modelli culturali  più tipicamente femminili. Questa dicotomia viene tuttora ribadita dagli opinon leader che propongono mediaticamente modelli di ruolo antagonistici.  Da un lato, il presidente Donald Trump ha invitato le donne del suo staff «a vestirsi da donne», spiegando come sia necessario avere una certa presenza quando si ricopre un ruolo professionale.

Tale dichiarazione ha suscitato  la reazione di molte donne. Su Twitter con l’hashtag:  #DressLike A Woman, migliaia di lavoratrici in tutto il mondo hanno   pubblicato ritratti di donne vestite in modo  plurale: donne in uniforme da poliziotta, tuta militare, camice da medico o semplicemente durante il normale svolgimento del proprio mestiere. Sul lato opposto Eileen Carey, amministratrice delegata di un’azienda della Silicon Valley, una delle 100 donne influenti al mondo, ha dichiarato come per competere nel path di carriera sia stato necessario camuffarsi e vestire i panni di una donna culturalmente considerata meno avvenente.

Due esempi paradigmatici che esprimono le contraddizioni che ciascuna donna sperimenta a livello emotivo e nelle relazioni sociali. Contraddizioni che sottolineano come la società non abbia ancora intercettato riconosciuto, definito, proposto e accettato un modo di essere donna che rispecchi l’identità post moderna del femminile. Discorsi arcaici e comportamenti di ribellione allo status quo si sovrappongono; sullo sfondo nuovi reti sociali di donne al potere che si autoproteggono,  propongono un modello di donna irraggiungibile per la maggior parte. Questo magma sociale contribuisce a scalfire la possibilità del femminile di trovare una rinnovata ma propria e autentica definizione. Iperattivismo e perfezionismo da un lato e / o senso di inadeguatezza e mancanza di autostima dall’altro, finiscono così per travolgere molte donne.  Il sentimento prevalente è sentirsi costrette a negare la propria autenticità per farsi strada in contesti in cui il «maschile» è da sempre dominante. Alla tentazione di assumere un atteggiamento maschile sul lavoro, costruendosi una leadership autocratica, è necessario proporre una leadership costruita intorno all’identità femminile e alle specificità dell’essere donna; una leadership assertiva ed efficace, ma al contempo capace di ruotare intorno all’identità profonda della donna, e quindi democratica, inclusiva, accogliente, partecipativa e capace di integrare a sé la diversità. Un percorso certamente non facile, ma imprescindibile per noi donne e per la società nel suo complesso, come abbiamo evidenziato nel nostro Essere leader al femminile

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