Articolo 3

13/09/2017 Zenia Simonella

Il pensiero critico fa bene alla democrazia; e anche alle aziende

La Randstad Professionals in collaborazione con ASAG, l’Alta Scuola di psicologia Agostino Gemelli dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha realizzato uno studio sulle tendenze e gli sviluppi nel settore delle risorse umane e dei processi di selezione in Italia. Si è concentrata inoltre su tre temi non convenzionali, tra cui quello della stupidità funzionale: cioè l’assenza di riflessione critica da parte dei dipendenti che tendono a non mettere in discussione quanto deciso dai loro capi sebbene lo possano ritenere sbagliato o migliorabile. Perché funzionale? Perché tutto sommato viene considerata utile per raggiungere gli obiettivi e ridurre i costi di gestione, anche se diminuisce il coinvolgimento dei dipendenti nel lavoro che svolgono e limita la vitalità e il dinamismo di un’organizzazione.

In un contesto in cui si richiede all’organizzazione di innovare continuamente; e d’altra parte, in un contesto in cui l’organizzazione si aspetta – almeno nelle dichiarazioni dei suoi manager – proattività e creatività dal dipendente, il tema della stupidità funzionale stride: anche perché alla lunga fa del male all’organizzazione. Secondo la ricerca, infatti, quasi la metà dei rispondenti ritiene che essa porti al fallimento degli obiettivi aziendali.

Interessante. In effetti, quello che noto è che spesso le persone aderiscono incondizionatamente a delle regole senza mai metterle in discussione; questo comportamento non si può esercitare sempre e a volte non è legittimo; ma se non viene mai messo in pratica può essere dannoso perché alla lunga rende l’organizzazione iper-burocratizzata e statica; non aiuta a migliorare i processi, e limita la creatività delle persone.

Non era un mostro. Era «terribilmente normale».  Solo non esercitava il pensiero critico. Mutatis mutandis, era ciò di cui parlava Hannah Arendt ne La banalità del male: il rischio di aderire acriticamente perpetua e rinnova una macchina del male. Il nazista Eichmann applicava le regole del sistema gerarchico nel quale era inserito, come parte di un meccanismo burocratico molto efficiente; senza metterle mai in discussione.

Zenia Simonella