Articolo 3

29/05/2017 Zenia Simonella

Rispolveriamo l’origine della parola «meritocrazia»

Il Global HR Barometer, realizzato a partire da un’indagine su 2572 HR leader intervistati, mette in evidenza che le attuali priorità per i responsabili del personale sono: la gestione, la formazione, lo sviluppo e il recruiting dei «talenti». Seguono: la gestione della performance, la gestione del cambiamento, la fidelizzazione del dipendente, e l’employer branding. «Diversità e integrazione» si colloca all’ultimo posto. In altre parole: il tema non è una priorità per le aziende. Eppure, un contesto di lavoro aperto alle differenze, di qualsiasi natura esse siano, garantirebbe nel medio-lungo periodo il pieno sviluppo delle persone, «talenti» e non.

Alcune questioni sul tema «gestione dei talenti»: Che cos’è il «talento»? Chi lo definisce? Come si fa a rilevarlo? Visto che nelle aziende lavorano migliaia di persone sparse in tutto il mondo, che ne è di questa forza lavoro anch’essa necessaria per il funzionamento e la crescita dell’azienda?

Spesso nell’adozione di politiche sulla gestione delle persone sono insiti alcuni rischi che possono generare effetti negativi sul clima, sui processi di identificazione e sulla condivisione dei valori, soprattutto quando la loro definizione e implementazione avviene in maniera acritica.

Alcuni di questi rischi – a livello sociale -- furono intravisti con grande lungimiranza da Michael Young, cui si deve la parola «meritocrazia».

Essa fu coniata nel 1958 nel suo famoso testo fantascientifico dal titolo profetico The Rise of Meritocracy: Young tratteggia una società sempre più dispotica nella quale la posizione sociale di un individuo è determinata dal suo «quoziente intellettivo» e dalla sua performance. Alla fine tale è l’oppressione generata dal sistema «meritocratico» – i cui i membri al potere controllano la società, e la stessa definizione di «merito» – che le masse si ribellano rovesciando definitivamente i governanti.  

Young coniò il termine per mettere ironicamente in guardia dal rischio che un’applicazione ideologica ed estrema  dell’esaltazione  delle  capacità e delle performance  degli  individui potesse generare una società ancora più diseguale e ingiusta. 

Zenia Simonella